Carlo Urbani, eroe dei nostri tempi

Oggi Carlo Urbani avrebbe compiuto 65 anni
E se oggi non ci ricordiamo della pandemia del 2003 lo dobbiamo principalmente a lui. Non ci ricordiamo di una pandemia del 2003 solo perché non ci fu alcuna pandemia. Sicuramente era diverso il virus e la sua contagiosità, ma altrettanto sicuramente aiutò molto l’intervento immediato di Carlo Urbani che, capita la gravità della situazione, riuscì a convincere le autorità a chiudere le frontiere e instaurare misure rigidissime in Vietnam.
Ma perché Carlo Urbani stava in Vietnam?
Perché da medico, onorando nel modo più alto il giuramento di Ippocrate, aveva deciso di dedicarsi completamente agli altri.
Prima medico di base, poi aiuto primario al reparto malattie infettive all’ospedale di Macerata, alla fine degli anni ‘80 va in Africa come volontario dove rimane sconvolto dalla povertà ma soprattutto dal fatto che in certi paesi si muore ancora per malattie ormai debellate in Occidente che si potrebbero curare facilmente con i farmaci giusti. Ma le industrie farmaceutiche investono quasi tutte le loro risorse per produrre medicine che servono solo nei paesi ricchi e non hanno interesse a produrre farmaci per i paesi poveri.
A quel punto, nonostante gli fosse stata offerta una posizione da primario a Macerata, Carlo Urbani decide di lasciare la carriera ospedaliera per unirsi a Medici Senza Frontiere.
Va in Cambogia con la sua famiglia dove si occupa di malattie causate dai parassiti. Anche lì capisce che la causa principale è sempre e soltanto la povertà, il divario economico sociale. Infatti, in un’intervista ad Avvenire, dichiara: “Io mi occupo come consulente dell’OMS delle malattie parassitarie. In tutti i consessi internazionali si ripete che la causa è solo una: la povertà. In Africa ci sono arrivato fresco di studi. E sono stato ‘deluso’ dallo scoprire che la gente non moriva di malattie stranissime: moriva di diarrea, di crisi respiratorie. La diarrea è ancora una delle cinque principali cause di morte al mondo. E non si cura con farmaci introvabili”.
Nel 1999 diventa Presidente della sezione italiana di Medici senza frontiere, porta avanti il suo impegno per l’accesso ai farmaci essenziali nei paesi in via di sviluppo e fa parte della delegazione che nell’aprile 1999 ritira il Premio Nobel assegnato a MSF.
Intanto continua a viaggiare, prima in Laos, poi in Vietnam, sempre come consulente dell’Organizzazione Mondiale della Sanità per il controllo delle malattie parassitarie.
Nel 2003 all’ospedale di Hanoi si presenta un caso di polmonite atipica. Urbani viene chiamato per un consulto e immediatamente capisce di trovarsi di fronte a qualcosa di molto grave e nuovo, la SARS.
Lancia subito l’allarme al governo vietnamita e all’OMS: ottiene così serie misure di quarantena per debellare un virus pericoloso e sconosciuto. Fa isolare l’ospedale, chiede mascherine, tute e protezioni per i medici. Ma soprattutto chiede e ottiene l’immediata chiusura delle frontiere per non far circolare il virus e arginare il diffondersi dell’epidemia in Vietnam e anche fuori dal Vietnam.
Purtroppo, però lui sarà contagiato da questo terribile virus e morirà dopo 19 giorni di isolamento.
Ma grazie al suo intervento tempestivo, migliaia di vite sono state salvate. Il Vietnam è stato il primo paese del Sud-est asiatico a poter dichiarare debellata la SARS. Di lui Kofi Annan, allora segretario dell’ONU, dirà: “Non sapremo mai quanti milioni di vite ha salvato”. Ancora oggi, secondo l’OMS; il suo metodo anti-pandemie rappresenta il protocollo internazionale da seguire per combattere le malattie infettive.
Per questo oggi ricordiamo Carlo Urbani, medico, eroe dei nostri tempi.
la farfalla della gentilezza
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