"Certe volte, le persone pagano con la vita il fatto di dire ad alta voce ciò che pensano”

“Il compito di un dottore è guarire i pazienti, il compito di un cantante è cantare. L’unico dovere di un giornalista è scrivere quello che vede”.
Ma purtroppo Anna Politkovskaja per aver scritto quello che vedeva ha pagato un prezzo altissimo: uccisa da quattro colpi di pistola nell’ascensore di casa sua, il 7 ottobre 2006.
Il giorno prima di morire Anna Politkovskaja, giornalista integerrima, indipendente e seria, aveva partecipato a un programma radiofonico su Radio Svoboda dedicato alla drammatica situazione cecena, dichiarando di indagare su casi di torture e sequestri a danni di oppositori politici del regime.
Sul giornale dove scriveva, la Novaja Gazeta, Anna Politkovskaja aveva già pubblicato una serie di articoli dove con dovizia di documenti e testimonianze denunciava la sistematica violazione dei diritti umani in Cecenia, ma anche la situazione dell’Inguscezia, accusando i servizi segreti russi di complicità in rapimenti, torture e omicidi. Inoltre non si era fatta scrupoli a denunciare il clima di intimidazione instaurato da Putin contro la libertà di stampa.
Tutto questo, e la sua reputazione di voce autorevole e onesta, l’avevano esposta a diverse minacce e avvertimenti: nel 2001 fu gettata in una buca e spaventata con una finta esecuzione da parte di alcuni soldati russi; nel 2004, mentre stava andando a Beslan per seguire il terribile assedio degli indipendentisti ceceni in una scuola (dove moriranno 186 bambini), fu vittima di un tentativo di avvelenamento.
Sapeva di essere a rischio, ne era perfettamente consapevole:
"Certe volte, le persone pagano con la vita il fatto di dire ad alta voce ciò che pensano”.
E purtroppo è esattamente quello che è successo. Aveva solo 48 anni.
Oggi verrà assegnato il Nobel per la pace: secondo gli esperti, Reporters Sans Frontières, organizzazione non governativa che promuove e difende la libertà di informazione e la stampa libera, è tra i possibili vincitori. Se effettivamente vincesse, sarebbe un bellissimo segnale, sia per onorare il ricordo di chi ha pagato con la vita l’amore per la verità e la libertà di espressione, come Anna Politkvoskaja (ma anche come i nostri Giuseppe Fava, Mauro Rostagno, Peppino Impastato, Giancarlo Siani, Ilaria Alpi, solo per citarne alcuni), ma anche e soprattutto per incoraggiare e sostenere chi ancora oggi, rischia tutti i giorni la vita, come ad esempio i giornalisti (e fino a poco tempo fa le giornaliste) in Afghanistan, uno dei paesi più pericolosi al mondo per chi vuole fare informazione.
La farfalla della gentilezza
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