Donne senza volto, senza voce, senza futuro...

Questa è la storia di Rabia, una donna che ha provato a fare una rivoluzione.
Rabia, separata e con una figlia piccola, viveva in una cittadina afghana, dove lavorava per una ONG.
Con il ritorno dei talebani ad agosto, le cose si mettono male. L’ex marito pretende la custodia della figlia, i talebani non accettano che lei non si sia risposata. Per sfuggire a un matrimonio forzato scappa via, perdendo la casa e il lavoro.
Arriva a Kabul, e sopravvive grazie ai suoi risparmi e all’aiuto di alcune associazioni.
A dicembre le cose peggiorano ulteriormente: i talebani vietano alle donne di uscire di casa senza un uomo “che le protegga”. O meglio dire, un guardiano che le controlla.
Lei non può più fare niente, nemmeno uscire a comprare il cibo per sua figlia.
L’ennesima mortificazione, l’ennesima umiliazione. Ma stavolta lei decide di reagire.
Inizia la rivoluzione.
Si veste da uomo: pantaloni, tunica, turbante. E in mano un bel cartello con su scritto: sono una donna, non ho un guardiano. Pubblica le foto on line e in pochissimo tempo diventano virali. Tanto che molte altre donne prendono coraggio e pubblicano foto simili, vestite da uomo.
Sembra l’inizio di un cambiamento, se fosse un film sarebbe l’inizio della riscossa, prima di un finale pieno di speranza.
Ma purtroppo no, non c’è il lieto fine in questa storia, perché i talebani riescono a identificare Rabia. E la arrestano.
Lei viene interrogata, schiaffeggiata, minacciata e umiliata. E poi rilasciata. Ma a quel punto non può fare altro che prendere sua figlia e nascondersi.
Delle altre donne che si erano unite alla protesta virtuale non si hanno più notizie
Ma sono rimaste delle foto che non possiamo ignorare, perché sono come dei messaggi in una bottiglia gettata nel mare di internet. E noi questa bottiglia l’abbiamo trovata…
Diamo voce a chi non ha più né voce, né un volto, né un futuro.
La farfalla della gentilezza
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