Educare al rispetto per sconfiggere la violenza...

“Ho un ginocchio, uno solo, piantato nella schiena… come se chi mi sta dietro tenesse l’altro appoggiato per terra… con le mani tiene le mie, forte, girandomele all’incontrario. La sinistra in particolare. Non so perché, mi ritrovo a pensare che forse è mancino. Non sto capendo niente di quello che mi sta capitando. Ho lo sgomento addosso di chi sta per perdere il cervello, la voce… la parola. Prendo coscienza delle cose, con incredibile lentezza…
È il cuore, che mi sbatte così forte contro le costole, ad impedirmi di ragionare… è il male alla mano sinistra, che sta diventando davvero insopportabile. Perché me la storcono tanto? Io non tento nessun movimento. Sono come congelata.

Oltre a quello che mi tiene, ce ne sono altri tre. Li guardo: non c’è molta luce… né gran spazio… forse è per questo che mi tengono semidistesa. Li sento calmi. Sicurissimi. Che fanno? Si stanno accendendo una sigaretta. Fumano? Adesso? Perché mi tengono così e fumano? Sta per succedere qualche cosa, lo sento… Respiro a fondo… due, tre volte. Non, non mi snebbio… Ho solo paura…”
Con queste parole, con un monologo durissimo e disperato, Franca Rame raccontava la violenza subita, il 9 marzo 1973, quando cinque neofascisti la rapirono, la caricarono su una camionetta e poi abusarono di lei per ore.
Fu un oltraggio pensato a tavolino, per colpire una donna forte, di sinistra, impegnata. Fu uno stupro su commissione, suggerito dai vertici di una destra eversiva, perché Franca Rame dava fastidio a certi ambienti.
Fu uno stupro festeggiato in una caserma dei carabinieri, con brindisi e con uno spietato: “Finalmente!”
Un uomo dello Stato gioiva perché una donna era stata violata, picchiata, bruciata con le sigarette, ferita. E poi abbandonata in un parco, come una pezza.
Di cosa ci stupiamo? Dalla notte dei tempi lo stupro è un’arma, di violenza, sopraffazione, pulizia etnica. Dalla notte dei tempi il corpo delle donne è reclamato selvaggiamente da uomini-bestie, che pensano di poterne fare quello che vogliono, confortati anche dalla atroce verità, che lo stupro è l’unico caso in cui è la vittima a finire di fatto sul banco degli imputati. Franca Rame questo lo sapeva bene,
“Senza accorgermi, mi trovo davanti alla Questura. Appoggiata al muro del palazzo di fronte, la sto a guardare per un bel pezzo. Penso a quello che dovrei affrontare se entrassi ora... Sento le loro domande. Vedo le loro facce... i loro mezzi sorrisi... Penso e ci ripenso... Poi mi decido... Torno a casa... torno a casa... Li denuncerò domani”.
Oggi è la giornata per l’eliminazione della violenza contro le donne. Ma considerando che ogni 72 ore in Italia viene commesso un femminicidio, e che il colpevole nella maggior parte dei casi è il compagno, il marito o il fidanzato, forse sarebbe più opportuno dedicare non una, ma 365 giornate a educare gli uomini. Educarli per scardinare fin da subito ogni forma di maschilismo tossico, anticamera della violenza, o più semplicemente, educarli a rispettare le donne.
Sempre, in ogni ambito, in ogni situazione.
La farfalla della gentilezza
(La foto, Diana in the Hospital, 1988 è di Donna Ferrato, fotografa statunitense che ha raccontato attraverso i suoi scatti la violenza domestica)
https://www.facebook.com/lafarfalladellagentilezza/posts/610552846955755