Genocidi dimenticati

Aveva solo 7 anni quando fu portato via da casa, lontano dalla sua famiglia.
Oggi Sam George di anni ne ha 77, e ricorda ancora con orrore gli anni in cui fu costretto a vivere alla St. Paul Indian Residential School a Vancouver, in Canada.
Ricorda gli abusi, le offese, gli insulti, le botte.
Ma il suo non è un caso isolato: come lui centinaia di migliaia di bambini, finirono nell’inferno di un programma di istruzione residenziale, che altro non era che una vera e propria assimilazione forzata delle comunità indigene.
Perché Sam George apparteneva al popolo Squamish che dalla notte dei tempi ha sempre abitato nella zona intorno Vancouver. Con l’arrivo degli europei, molti squamish furono relegati nelle riserve e molti bambini, dalla fine del diciannovesimo secolo fino agli anni 70 (ma un’ultima scuola è stata chiusa solo nel 1996) finirono nei 139 collegi destinati proprio allo scopo di recidere ogni legame con le loro origini, lingua e religione, per assimilarli alla cultura dominante.
In queste scuole, nella maggior parte dei casi scuole cattoliche, accadevano cose terribili. I bambini indigeni non avevano alcun diritto, non potevano parlare la loro lingua, erano picchiati, umiliati, violentati, e troppo spesso uccisi. Ci sono testimonianze agghiaccianti dei sopravvissuti che raccontano le violenze contro bambini di quattro, cinque anni, gli omicidi, gli stupri. Lo stesso Sam George, sordo da un orecchio per le botte ricevute, racconta di come abbia subito per anni le violenze sessuali da parte di una suora.
Furono migliaia i bambini uccisi in quelle scuole. Alcuni morirono di malnutrizione o malattie, altri cercando di scappare, altri per le percosse e le sevizie. E a questo orrore si aggiunse il fatto che i genitori non vennero nemmeno informati, e i nomi delle vittime non furono registrati.
Un vero e proprio genocidio.
D’altronde, solo pochi mesi fa durante degli scavi in una scuola residenziale per indigeni, sono stati rinvenuti i corpi di 750 piccole vittime senza nome. Un ritrovamento scioccante, ma solo l’ultimo di una lunga serie, che continua a testimoniare il trauma subito da una comunità, un trauma dal quale è praticamente impossibile riprendersi.
Il governo canadese si è scusato formalmente nel 2008. Pochi giorni fa sono arrivate le scuse dei vescovi canadesi che esprimono “inequivocabilmente” il loro rimorso per le sofferenze inflitte a tutta la comunità delle “Prime nazioni” (così vengono denominati gli indigeni canadesi).
Ma tutte le scuse del mondo non restituiranno la serenità a Sam George, né la vita a tutte le vittime innocenti, colpevoli solo di essere diventati, loro malgrado, una minoranza.
(Foto di Paul McGrath, North Shore News)
 La farfalla della gentilezza
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