I 651 articoli di Giancarlo Siani

651.
651 sono gli articoli che Giancarlo Siani fece in tempo a scrivere nella sua giovane vita.
651 articoli in cui con il suo sguardo lucido e attento racconta gli emarginati, i lavoratori, le morti bianche. Denuncia i diritti negati, le disuguaglianze, la corruzione.
651 articoli in cui traspare il desiderio di giustizia e pace, gli ideali, l’impegno civico di un giornalista che con il suo lavoro ha realmente onorato l’articolo 21 della Costituzione, l’articolo fondamentale che sancisce la libertà di informazione.
651 articoli però sono pochi, perché Giancarlo Siani avrebbe dovuto continuare ancora a lungo a raccontare il mondo dalla sua prospettiva, quella di un giornalista che non scendeva a compromessi, idealista e sognatore.
Napoletano, Giancarlo Siani dopo il liceo si iscrive a Sociologia, si avvicina ai movimenti politici non violenti, fonda il Movimento Democratico per il Diritto all’Informazione e sogna di diventare giornalista.
Inizia a muovere i primi passi come cronista di nera nel 1980 e, nel giro di poco tempo, il suo rigore e la sua dedizione al lavoro lo fanno assumere al Mattino come corrispondente da Torre Annunziata, per raccontare la camorra che devastava e violentava il territorio.
Indaga sui collegamenti tra politica e criminalità organizzata, omertà e connivenze. Sono gli anni della ricostruzione dopo il terremoto dell’Irpinia, e gli appalti pubblici diventano ghiotta occasione di corruzione e clientelismo, nonché di infiltrazioni camorristiche.
Giancarlo Siani, scrupolosissimo nelle sue ricerche, riesce a scoprire sempre più dettagli e informazioni sui vari clan della camorra, sulle loro faide interne. Era bravo, troppo bravo nel suo lavoro. E questa dedizione al lavoro fu la sua rovina.
Il l0 giugno 1985 in un suo articolo, rivela che l’arresto di Valentino Gionta, capoclan di Torre Annunziata, era stato favorito da una soffiata di qualcuno del clan rivale Nuvoletta. Questo articolo mette in grave imbarazzo il clan Nuvoletta e così i camorristi decretano la condanna a morte del giovane giornalista.
La sera del 23 settembre 1985, Giancarlo Siani sta rientrando a casa dalla redazione. È in macchina, una ormai celebre mehari verde, quando viene intercettato da due sicari che lo uccidono con otto colpi di pistola.
Giancarlo Siani ha solo 26 anni e non ha fatto ancora in tempo a realizzare i suoi sogni.
Tra questi sogni c’era quello di diventare giornalista professionista. Solo nel 2020, nel trentacinquesimo anniversario della sua morte, il Consiglio dell’ordine dei giornalisti ha deciso di conferire alla memoria di Giancarlo Siani il tesserino da giornalista professionista per onorare il suo grande impegno professionale, diventato ormai un simbolo per l’informazione corretta, pulita e libera da qualsiasi condizionamento.
Ma nel frattempo, in tutti questi anni dalla sua morte, cosa è cambiato?
Nel 1997 sono stati condannati all’ergastolo sia i mandanti, sia gli esecutori materiali del suo assassinio.
Però, un’indagine dei carabinieri di circa un anno fa ha scoperto che la camorra negli ultimi 35 anni non ha mai smesso di pagare il sostegno economico alle famiglie degli ergastolani, la cosiddetta “mesata” che si attribuisce a chi “cade nell’adempimento del dovere criminale” (!). Ancora più singolare il fatto che questo sostegno sia rimasto ininterrotto nonostante l’avvicendarsi di diversi clan anche in conflitto tra loro al comando. Segno di una camorra che si sostituisce sempre di più allo Stato, che entra e si infiltra ovunque, e che può essere sconfitta solo da una svolta sociale e culturale che non lasci soli magistratura, polizia e cittadini.
Una svolta di cui i cittadini per primi devono farsi promotore, rifiutando senza indugi ogni forma di illegalità, per quanto piccola o innocua possa apparire.

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