I sette fratelli Cervi

“Io avevo sette figli, cresciuti con quarant’anni di fatiche, e mi preparavo a togliere il fastidio, che già arrivavo alla settantina. Invece mi hanno mietuto una generazione di maschi, e la madre è andata via con loro dopo un anno, così io sono rimasto con quattro donne e undici nipoti piccoli…dovevo campare ancora qualche anno, avere ancora forza di lavorare, per tirare su un’altra generazione, e prima non dovevo morire. Eppure, non mi sono distratto mai dai figli. È tante volte che racconto la storia loro, e mi ci sono abituato, ma ogni tanto sento le parole mie e mi sembra ancora impossibile, rimango ammutolito e allora sento la morte”.
Così Alcide Cervi ricordava i suoi sette figli, cercando di non far cadere nell’oblio il sacrificio di sette giovani uomini uccisi senza pietà dai fascisti. Sette fratelli, uccisi contemporaneamente, 78 anni fa il 28 dicembre 1943. Colpevoli di antifascismo:
Gelindo
Antenore
Aldo
Ferdinando
Agostino
Ovidio
Ettore
Erano giovani, contadini, antifascisti. E tutti avevano aderito senza dubbi e senza esitazioni alla Resistenza. Casa Cervi era un luogo sicuro per i partigiani, ma anche per i prigionieri alleati fuggiti dai campi di prigionia.
In poco tempo però erano diventati troppo noti e pericolosi per il regime fascista, che non esitò a mostrare il suo volto più truce e violento. Il 25 novembre 1943 casa Cervi fu circondata e bruciata, i sette fratelli arrestati e rinchiusi nel carcere politico di Reggio Emilia, lasciando la madre, le mogli e i figli attoniti e disperati.
Il 28 dicembre 1943 senza nemmeno avere la possibilità di salutare il padre, arrestato anche lui, un plotone di esecuzione uccise i sette fratelli Cervi. Della loro morte non fu data notizia ufficiale e i corpi furono poi gettati in una fossa comune: il coraggio dei sette fratelli Cervi evidentemente ai fascisti faceva paura pure da morti, e quindi volevano provare a cancellare anche solo il ricordo di quelle giovani vite.
Ed è per questo che ancora oggi, a distanza di anni, la loro storia va ricordata e raccontata, perché il loro sacrificio non sia dimenticato.
E anche perché all’epoca “il popolo italiano fece la sua scelta; e questa si chiamò Resistenza. Questa è ancora la nostra scelta, questa sarà la scelta del nostro avvenire. Da una parte i fratelli Cervi, da quell’altra i loro assassini. Noi siamo dalla parte dei fratelli Cervi”.
Sempre.
La farfalla della gentilezza
(La citazione finale è di Pietro Calamandrei, nell’Introduzione al libro di Alcide Cervi, I miei sette figli Einaudi, 2010, da dove è tratto anche il brano iniziale).
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