Il sorriso di Malala
Ci avevano provato a spegnere il dolcissimo sorriso di Malala.
Ma lei è stata più forte di loro, dell’ignoranza, della violenza, della cieca follia che si accanisce sempre e ovunque sul corpo delle donne.
E delle bambine. Perché Malala era solo una bambina quando la sua vita fu travolta dalla brutalità e dalla cattiveria umana.
Era solo una bambina che voleva studiare e andare a scuola: “Non mi importa di dovermi sedere sul pavimento a scuola. Tutto ciò che voglio è istruzione. E non ho paura di nessuno”.
Suo padre, Ziauddin Yousafzai, era un maestro e aveva aperto una scuola per bambine nel loro villaggio nella valle dello Swat, in Pakistan.
Ma nel 2008, quando lei aveva solo 11 anni, i Talebani vietarono, tra le tante cose, anche l’istruzione femminile.
Riusciamo a immaginare cosa può provare una bambina studiosa e interessata, quando all’improvviso le viene detto: da domani non vai più a scuola?
Malala poteva rassegnarsi, autocommiserarsi, piangere. Oppure no. Lei decise di reagire, perché se era rischioso e spaventoso ribellarsi ai talebani, ancora più terribile era non far nulla.
Ma cosa poteva fare una bambina di 11 anni?
Una cosa molto semplice: Malala apre un blog per denunciare la condizione delle bambine in Pakistan, i diritti negati, le sofferenze. E questo blog viene letto, circola, diventa virale. E lei diventa un simbolo: viene invitata in tutto il paese, appare in televisione. Suo padre si dichiara orgoglioso di essere conosciuto in una società patriarcale quale è il Pakistan, come “il padre di Malala”.
Ma altri, che tramavano nell’ombra, non erano altrettanto orgogliosi di questa ragazzina troppo intraprendente.
E così nell’ottobre 2012, accade l’impensabile. Un uomo col volto coperto e armato, sale sull’autobus dove sta viaggiando Malala. Chiede a gran voce chi è questa famosa Malala. E una volta identificata, le spara in testa. Un uomo adulto spara a una ragazzina di 15 anni, colpevole di voler studiare.
La piccola grande Malala però miracolosamente non muore. L’ospedale di Birmingham si offre di curarla, ed è lì in Inghilterra, a tanti chilometri da casa, che Malala si risveglia dal coma. Dopo mesi di cure, riabilitazione e interventi chirurgici, Malala è pronta per vivere la sua nuova vita.
E decide di usare questa incredibile opportunità che la vita le sta regalando per continuare a battersi con ancora più forza e vigore per i diritti delle bambine. Con il padre sempre a suo fianco, che la sostiene e la supporta, istituisce una fondazione, “Malala Fund”, allo scopo di aiutare le bambine a ottenere il futuro che desiderano.
Oggi ci sono più di 130 milioni di bambine che non hanno la possibilità di andare a scuola, perché sono troppo povere, perché vivono in zone di guerra, perché sono costrette a lavorare o a sposarsi precocemente. La pandemia ha ulteriormente aggravato questa situazione.
Ecco, Malala, che nel 2014 ha vinto il Nobel per la pace, continua a raccontare la sua storia non perché sia unica o straordinaria, ma proprio perché è la storia di ancora troppe bambine in tutto il mondo. Bambine che private oggi dell’istruzione, perdono ogni speranza di un futuro migliore.
Intanto la piccola grande Malala sta costruendo il suo di futuro: ha completato gli studi, si è laureata a pieni voti, e due giorni fa si è sposata.
Ci avevano provato a spegnere il suo sorriso. Ma lei è stata più forte di loro.
La farfalla della gentilezza
Ma lei è stata più forte di loro, dell’ignoranza, della violenza, della cieca follia che si accanisce sempre e ovunque sul corpo delle donne.
E delle bambine. Perché Malala era solo una bambina quando la sua vita fu travolta dalla brutalità e dalla cattiveria umana.
Era solo una bambina che voleva studiare e andare a scuola: “Non mi importa di dovermi sedere sul pavimento a scuola. Tutto ciò che voglio è istruzione. E non ho paura di nessuno”.
Suo padre, Ziauddin Yousafzai, era un maestro e aveva aperto una scuola per bambine nel loro villaggio nella valle dello Swat, in Pakistan.
Ma nel 2008, quando lei aveva solo 11 anni, i Talebani vietarono, tra le tante cose, anche l’istruzione femminile.
Riusciamo a immaginare cosa può provare una bambina studiosa e interessata, quando all’improvviso le viene detto: da domani non vai più a scuola?
Malala poteva rassegnarsi, autocommiserarsi, piangere. Oppure no. Lei decise di reagire, perché se era rischioso e spaventoso ribellarsi ai talebani, ancora più terribile era non far nulla.
Ma cosa poteva fare una bambina di 11 anni?
Una cosa molto semplice: Malala apre un blog per denunciare la condizione delle bambine in Pakistan, i diritti negati, le sofferenze. E questo blog viene letto, circola, diventa virale. E lei diventa un simbolo: viene invitata in tutto il paese, appare in televisione. Suo padre si dichiara orgoglioso di essere conosciuto in una società patriarcale quale è il Pakistan, come “il padre di Malala”.
Ma altri, che tramavano nell’ombra, non erano altrettanto orgogliosi di questa ragazzina troppo intraprendente.
E così nell’ottobre 2012, accade l’impensabile. Un uomo col volto coperto e armato, sale sull’autobus dove sta viaggiando Malala. Chiede a gran voce chi è questa famosa Malala. E una volta identificata, le spara in testa. Un uomo adulto spara a una ragazzina di 15 anni, colpevole di voler studiare.
La piccola grande Malala però miracolosamente non muore. L’ospedale di Birmingham si offre di curarla, ed è lì in Inghilterra, a tanti chilometri da casa, che Malala si risveglia dal coma. Dopo mesi di cure, riabilitazione e interventi chirurgici, Malala è pronta per vivere la sua nuova vita.
E decide di usare questa incredibile opportunità che la vita le sta regalando per continuare a battersi con ancora più forza e vigore per i diritti delle bambine. Con il padre sempre a suo fianco, che la sostiene e la supporta, istituisce una fondazione, “Malala Fund”, allo scopo di aiutare le bambine a ottenere il futuro che desiderano.
Oggi ci sono più di 130 milioni di bambine che non hanno la possibilità di andare a scuola, perché sono troppo povere, perché vivono in zone di guerra, perché sono costrette a lavorare o a sposarsi precocemente. La pandemia ha ulteriormente aggravato questa situazione.
Ecco, Malala, che nel 2014 ha vinto il Nobel per la pace, continua a raccontare la sua storia non perché sia unica o straordinaria, ma proprio perché è la storia di ancora troppe bambine in tutto il mondo. Bambine che private oggi dell’istruzione, perdono ogni speranza di un futuro migliore.
Intanto la piccola grande Malala sta costruendo il suo di futuro: ha completato gli studi, si è laureata a pieni voti, e due giorni fa si è sposata.
Ci avevano provato a spegnere il suo sorriso. Ma lei è stata più forte di loro.
La farfalla della gentilezza
https://www.facebook.com/lafarfalladellagentilezza/posts/601740574503649