Najila, il diritto, la legge
Najila la prima volta era riuscita a resistere: non poteva più studiare o uscire di casa, intorno a lei solo fame, violenza e desolazione, ma era troppo determinata per cedere. Così si fece coraggio e si mise a studiare. Chiusa in casa.
Perché era il 1996 e i Talebani non permettevano alle donne di uscire o di studiare.
Nel 2001, con la speranza di un nuovo futuro, Najila poté finalmente iscriversi all’università e decise di studiare diritto islamico. Aveva capito benissimo che quello che invocavano i talebani non aveva niente a che fare con il vero diritto islamico, e voleva non solo capire, ma anche contribuire a cambiare la percezione (sbagliata) dell’Islam diffusa in quegli anni.
Mai più, pensava, sarebbero tornati indietro a quegli anni bui.
Intanto lei studiava, studiava tanto. E una volta laureata, divenne avvocato. Un avvocato importante. Per venti anni contribuì con le sue colleghe a costruire un sistema giuridico che potesse tutelare le donne.
Ad agosto 2021 però la storia si è ripetuta.
Un giorno mentre andava in tribunale trovò i talebani a sbarrarle il passo. Le donne, secondo l’interpretazione dei talebani, non possono lavorare, figuriamoci se possono fare l’avvocato.
E così Najila, come tante altre sue colleghe, si è trovata a dover lasciare tutto: casa, lavoro, la sua vita. Tutto quello che negli anni si era faticosamente conquistato.
Najila è scappata dall’Afghanistan, ma il suo cuore è rimasto lì. Ha creato una rete di donne avvocato, giudici, pubblici ministeri e insieme cercano di monitorare la situazione a distanza e di sensibilizzare la comunità internazionale. Non possono restare in silenzio, non possono e non vogliono accettare la sconfitta.
È vero, in pochi mesi sono stati distrutti anni di lavoro e di progressi per le donne afghane. Ma Najila non vede l’ora di poter rientrare a Kabul e ricominciare a ricostruire, un’altra volta, il suo paese.
Perché mentre noi qui discutiamo se sia meglio dire avvocato, avvocata, avvocatessa o avvocatƏ, lì il problema non è terminologico: è proprio che i diritti non ci sono più.
La farfalla della gentilezza
https://www.facebook.com/lafarfalladellagentilezza/posts/639917690685937
Perché era il 1996 e i Talebani non permettevano alle donne di uscire o di studiare.
Nel 2001, con la speranza di un nuovo futuro, Najila poté finalmente iscriversi all’università e decise di studiare diritto islamico. Aveva capito benissimo che quello che invocavano i talebani non aveva niente a che fare con il vero diritto islamico, e voleva non solo capire, ma anche contribuire a cambiare la percezione (sbagliata) dell’Islam diffusa in quegli anni.
Mai più, pensava, sarebbero tornati indietro a quegli anni bui.
Intanto lei studiava, studiava tanto. E una volta laureata, divenne avvocato. Un avvocato importante. Per venti anni contribuì con le sue colleghe a costruire un sistema giuridico che potesse tutelare le donne.
Ad agosto 2021 però la storia si è ripetuta.
Un giorno mentre andava in tribunale trovò i talebani a sbarrarle il passo. Le donne, secondo l’interpretazione dei talebani, non possono lavorare, figuriamoci se possono fare l’avvocato.
E così Najila, come tante altre sue colleghe, si è trovata a dover lasciare tutto: casa, lavoro, la sua vita. Tutto quello che negli anni si era faticosamente conquistato.
Najila è scappata dall’Afghanistan, ma il suo cuore è rimasto lì. Ha creato una rete di donne avvocato, giudici, pubblici ministeri e insieme cercano di monitorare la situazione a distanza e di sensibilizzare la comunità internazionale. Non possono restare in silenzio, non possono e non vogliono accettare la sconfitta.
È vero, in pochi mesi sono stati distrutti anni di lavoro e di progressi per le donne afghane. Ma Najila non vede l’ora di poter rientrare a Kabul e ricominciare a ricostruire, un’altra volta, il suo paese.
Perché mentre noi qui discutiamo se sia meglio dire avvocato, avvocata, avvocatessa o avvocatƏ, lì il problema non è terminologico: è proprio che i diritti non ci sono più.
La farfalla della gentilezza
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