Un dolore senza fine

Anni fa, a una manifestazione pubblica ho sentito parole che non dimenticherò mai, parole dure, di una tristezza infinita, di un dolore senza fine. Era la testimonianza di Pietro Bartolo, che per anni è stato il medico in prima linea nel soccorso ai migranti a Lampedusa, ma che troppo spesso ha dovuto esaminare i loro corpi senza vita, quando era troppo tardi per salvarli.
Queste parole non sono per voi, amici di questa pagina che siete sensibili ed empatici sul tema dell’immigrazione. Ma lo dovrebbero leggere gli altri, quelli che si sentono meglio dei migranti, e non hanno capito che se ci sono loro sui barconi e non noi, è solo perché siamo nati dalla parte giusta del mondo e non dobbiamo trovarci di fronte a scelte così atroci, come questo padre, che purtroppo, non potrà più trovare pace.
“Quando il barcone si era rovesciato, erano finiti tutti in acqua. Erano più di ottocento. Lui era un ottimo nuotatore e aveva messo il piccolo di nove mesi sotto il maglione, sul suo petto. Poi con una mano aveva afferrato la moglie e con l’altra il figlio di tre anni. Aveva cominciato a nuotare a dorso senza fermarsi. Cercando di rimanere disperatamente a galla. Aspettando i soccorsi che non arrivavano. Un’attesa estenuante. A un certo punto aveva sentito il fiato mancargli all’improvviso, le onde che diventavano sempre più alte e la corrente sempre più forte. Aveva dovuto compiere una scelta. Una scelta definitiva, dalla quale sapeva che non sarebbe più potuto tornare indietro. Sospeso tra la vita e la morte, aveva dovuto pensare, calcolare, valutare e poi decidere. Se avesse continuato a nuotare, sarebbero finiti tutti e quattro sott’acqua, morti, annegati. Così alla fine lo aveva fatto: aveva aperto la mano destra e aveva lasciato quella di suo figlio. Lo aveva visto scomparire, lentamente, per sempre. Mentre me lo raccontava non smetteva di piangere e non riuscivo a smettere nemmeno io. Non ho avuto la freddezza necessaria per reagire e controllarmi. Mi sono sentito sconfitto. Un medico non dovrebbe farsi veder piangere, ma a volte non ce la faccio. Non si può restare freddi davanti a tanto strazio. Ciò che tormentava quell’uomo era che pochi minuti dopo era arrivato l’elicottero a salvarli: «Se avessi resistito solo un altro poco, adesso mio figlio sarebbe qui con noi. Non me lo perdonerò mai».
In mare si muore, non possiamo fare finta di non saperlo, non possiamo chiudere gli occhi.
“E chi oggi vuole erigere muri e respingere i profughi non si comporta tanto diversamente da quei collaboratori di Hitler che la filosofa Hannah Harendt definì «uomini banali». Chi lascia morire in mare migliaia di bambini o consente che vivano in condizioni disumane nei campi profughi di confine non esprime meno crudeltà di loro."
(Pietro Bartolo, Lidia Tilotta, Lacrime di sale: La mia storia quotidiana di medico di Lampedusa fra dolore e speranza, Mondadori 2016).
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