Una storia d'amore

Ci sono mille modi in cui può nascere un amore. Per Alaa galeotto fu il suo computer, che all’improvviso decise di piantarla in asso. In preda al panico Alaa andò di corsa a un centro di assistenza. Dove incontrò Oudai che le riparò il computer, le chiese il numero di telefono e si innamorò follemente di lei. E lei di lui.
Nel giro di pochi mesi si sposarono.
Era il 2012 e Alaa e Oudai erano felici. La loro felicità aumentò ancora di più quando pochi mesi dopo Alaa scoprì di essere incinta. Ma vivevano in Siria e non era facile, tra la paura di bombe, missili o attentati, così quando Alaa era all’ottavo mese presero una decisione terribile: scappare. Arrivarono a piedi in Giordania, e furono accolti nel campo profughi di Zaatari.
“Non voglio essere una rifugiata”, pensava Alaa, mentre sistemava i suoi pochi effetti personali nella tenda che sarebbe diventata la sua casa, ma non aveva scelta.
Grazie ad alcuni parenti che si erano già sistemati in Giordania, riuscirono poi a trasferirsi in una casa ad Amman, e per un po’ assaporarono, ormai in tre, un’apparentemente tranquilla vita familiare.
Ma non poteva essere per sempre: senza documenti Oudai lavorava poco e in nero, non poteva mantenere la famiglia, che nel frattempo si era allargata con l’arrivo di una bambina.
Volevano andare tutti in Germania, ma era troppo pericoloso tentare il “viaggio della morte” con due bambini piccoli.
E quindi ecco la seconda scelta dolorosa: parte solo Oudai. Il tempo di arrivare in Germania, sistemarsi e organizzare il ricongiungimento familiare. È il 2015 e la Germania accoglie migliaia di profughi siriani.
Oudai sfida la morte in uno di quei viaggi in cui è certa la partenza ma incerto l’arrivo, ma miracolosamente riesce ad arrivare in Germania sano e salvo. Non è facile ottenere l’asilo politico, ma Oudai è un gran lavoratore, studia tantissimo, impara il tedesco, prende diplomi e certificazioni, per cercare di accelerare il più possibile l’arrivo della sua famiglia che gli manca tantissimo.
Ma per la burocrazia Oudai è solo un numero, e non importa il suo impegno, la sua serietà, la sua corsa contro il tempo per non perdersi gli anni migliori dei suoi bambini. Ci sono pratiche amministrative da rispettare, tempi tecnici che non si possono accelerare.
Passa un anno. Un anno senza abbracciare Alaa, senza vedere il sorriso dei suoi figli, ma Oudai pensa che ormai è fatta, è solo questione di tempo, poco tempo, spera.
E invece arriva la doccia fredda: sono cambiate le regole e i ricongiungimenti familiari sono bloccati fino al luglio 2018.
Oudai è distrutto. Aala è annientata. I bambini crescono senza il padre e non c’è nulla che possa aiutarli. Alaa desidera solo riunire la sua famiglia sotto lo stesso tetto, anche sotto una tenda. Ma ormai lui non può lasciare la Germania e lei non può andare da nessuna parte. Il loro amore ostacolato, le loro vite divise da inutili cavilli. Per qualcuno è burocrazia, difesa dei confini, sicurezza nazionale. Per altri è una vita sospesa, famiglie distrutte, bambini che non possono conoscere il loro papà.
Per lenire il dolore, Oudai e Aala scrivono un diario su un blog, in cui a distanza raccontano lo strazio della loro separazione. Il blog diventa uno strumento per dare voce e visibilità non solo a Oudai e Aala, e a tutti i rifugiati come loro che soffrono la pena della separazione. E così grazie all’attivismo di alcune associazioni umanitarie, finalmente, nel febbraio 2019 dopo 4 anni di separazione, Alaa e i due bambini arrivano a Berlino carichi di valige, speranze e sogni. Ouday li aspetta all’aeroporto, con un mazzo di fiori in una mano, e gli occhi che traboccano di amore.
Oggi è la festa degli innamorati. E io vorrei pensare a tutti gli Alaa e Oudai che non possono amarsi solo perché sono nati nella parte meno fortunata del mondo e non possono fare quello che per noi è scontato: andare dove vogliamo, da chi vogliamo, a regalare mazzi di fiori e sguardi d’amore.
La farfalla della gentilezza