Vergogne da non nascondere...

Era il 15 febbraio del 1936.
Lì sull’altopiano dell’Amba Aradam in Etiopia si combatteva ormai da 5 giorni. L’esercito italiano non si aspettava una resistenza così forte. Per questo Badoglio non si era fatto scrupoli, pur di vincere la battaglia, a ordinare l’uso di granate all’arsina e al fosgene, e il rilascio da parte di aerei a bassa quota di bombe all’iprite, tutti gas tossici espressamente proibiti dalla Convenzione di Ginevra. Ed effettivamente la battaglia fu vinta dall’esercito italiano, che in pochi giorni sterminò circa 20.000 etiopi
Perché i gas, si sa, non sono in grado di riconoscere civili da militari, e così fu una strage: uomini, donne e bambini morirono tra atroci dolori e sofferenza.
L’imperatore di Etiopia, Hailè Selassiè, testimoniò alla Società delle Nazioni, a Ginevra gli orrori subiti dal suo popolo:
“Ogni essere vivente che veniva toccato dalla leggera pioggia caduta dagli aeroplani, che aveva bevuto l'acqua avvelenata o mangiato cibi contaminati, fuggiva urlando e andava a rifugiarsi nelle capanne o nel folto dei boschi per morirvi. C'erano cadaveri dappertutto, in ogni macchia, sotto ogni albero, ovunque ci fosse una parvenza di rifugio. Presto un odore insopportabile gravò sull'intera regione. Non si poteva pensare di seppellire i cadaveri, perché erano più numerosi dei vivi”.
Una vergogna indimenticabile, eppure dell’utilizzo dei gas tossici per troppo tempo non se ne è potuto parlare, altrimenti si veniva accusati di vilipendio alle forze armate o di essere anti-italiani. Chi sapeva negava, chi non sapeva voleva continuare a non sapere. Perché era troppo orribile pensare che quella guerra in Africa che Montanelli definì “una bella lunga vacanza”, fu in realtà uno sterminio, un massacro pianificato a tavolino, in spregio al diritto internazionale e a ogni principio umanitario.
Solo nel 1996 il Ministro della difesa italiano dovette ammettere «che nella guerra italo-etiopica furono impiegate bombe d’aereo e proiettili d’artiglieria caricati ad iprite ed arsine, e che l’impiego di tali gas era noto al Maresciallo Badoglio, che firmò di proprio pugno alcune relazioni e comunicazioni in merito». E solo dopo questa dichiarazione inequivocabile, anche i più irriducibili negazionisti capirono, e in alcuni casi (ad esempio Montanelli) si scusarono pubblicamente.
Resta il fatto però che il mito “italiani brava gente” ancora oggi è duro a morire, mentre è sempre più indispensabile che anche noi facciamo i conti con il nostro passato coloniale, che non è migliore di quello degli altri paesi europei.
La farfalla della gentilezza
(Sul tema non si può non segnalare il libro fondamentale di Angelo Del Boca, I gas di Mussolini, 1996, oltre al celebre “Italiani brava gente?”)