IL CORAGGIO DI JANIS E JOHANNA

“Obbedivo agli ordini”. Così si sono giustificati tanti nazisti per i loro crimini. E anche tanti che non erano nazisti ma avevano paura o non avevano la forza di pensare con la loro testa. Ma non tutti, per fortuna, obbedivano. C’era chi preferiva obbedire alla coscienza e all’etica, rifiutando quindi di seguire la follia nazista, anche a costo della propria vita.
Ad esempio Janis Lipke. Era un umile portuale lettone, che durante l’occupazione nazista in Lettonia ebbe la forza di opporsi alla ferocia dei nazisti che nel 1941 avevano ucciso circa 25.000 ebrei nel massacro di Rumbula, una foresta non lontano da Riga, una delle più grandi esecuzioni di massa di ebrei nella seconda guerra mondiale. Janis aveva visto i nazisti in azione, aveva visto le vittime ebree, aveva anche molti amici ebrei, e capendo che erano in pericolo, non voleva e non poteva restare a guardare inerme mentre venivano sterminati.
Lasciò il suo lavoro da scaricatore di porto e si fece assumere come magazziniere nei depositi della Luftwaffe a Riga. I nazisti si fidavano di lui che parlava bene il tedesco, e gli affidavano compiti sempre più delicati. Ad esempio occuparsi del trasporto degli ebrei destinati ai lavori forzati: doveva portarli la mattina nei magazzini a lavorare, e poi riportarli la sera nel ghetto, dove erano prigionieri.
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Ma in realtà non tutti rientravano: qualcuno ogni tanto riusciva a sparire. In realtà era Janis che li faceva scappare, pochi alla volta per non dare nell’occhio, approfittando dei controlli non troppo efficienti, e li nascondeva a casa sua, grazie anche all’aiuto della moglie e dei figli, oppure a casa di altri coraggiosi volontari. Quando divenne troppo pericoloso ospitare gli ebrei a casa, Janis decise di scavare un piccolo bunker sotterraneo per poter accogliere più persone: un rifugio con nove posti letto, rifornito di cibo, vestiti, libri, armi in caso di necessità, e anche la luce e una radio.
Col passare del tempo le sue imprese diventarono sempre più rischiose. Nel 1943 riuscì a rubare una vettura dei nazisti carica di fucili, munizioni, e soprattutto timbri (che si potevano utilizzare per preparare permessi di viaggio falsi!). E addirittura una notte aiutò a scappare da uno dei campi di concentramento di Riga alcuni ebrei che erano riusciti a sfuggire alla sorveglianza.
Alla fine,, riuscì a creare una rete di rifugi clandestini in tutta la Lettonia, senza mai preoccuparsi dei rischi che correva: a chiunque gli chiedesse quante persone avesse salvato, rispondeva “non li ho mai contati, ho salvato chiunque ero nella possibilità di salvare“.
Nel 1966 Janis Lipke insieme a sua moglie Johanna è stato riconosciuto come Giusto tra le Nazioni, perché "chi salva una vita, salva il mondo intero". E in quel momento, il mondo aveva bisogno di Giusti come Lipke!

La farfalla della gentilezza
(La storia di Janis Lipke è raccontata nel film The Mover, di Davis Simanis, 2018. La foto è tratta dal Zana Lipkes Memorial)