Il peso delle granate

Quanto pesano le granate? E le munizioni? Ma quanto deve essere faticoso portare tutti i rifornimenti sulle spalle nelle gerle cariche e pesanti, che ti segano la pelle, fino a far uscire il sangue. Un tempo in quelle stesse gerle, Maria Plozner Mentil, una donna forte e generosa, ci metteva la legna, il bucato o il cibo.
Ma con la Prima Guerra mondiale, la normalità diventa un lusso da dimenticare.
I soldati in prima linea sulle Alpi carniche avevano bisogno di tutto: viveri, armi e medicine, ma i magazzini erano a valle, e tutti gli uomini erano impegnati al fronte. Chi poteva aiutarli? Maria Plozner Mentil, nonostante quattro figli piccoli a casa (e il marito in guerra sul Carso), non ebbe dubbi, e incitò così molte sue compagne:
“Andiamo, altrimenti quei poveretti muoiono anche di fame”.
Furono quindi le donne, alcune ancora bambine, altre ormai anziane, a portare i rifornimenti dal fondovalle al fronte, in quelle gerle pesanti fino a quaranta chili, su dislivelli impervi, camminando per ore e ore sotto il sole o con la neve.
Divennero presto insostituibili, un vero battaglione ausiliario di donne forti, abituate alla fatica e al duro lavoro. E in alcuni casi furono pronte a imbracciare i fucili per aiutare i soldati italiani in difficoltà.
Erano disposte a morire per la patria, per la nostra Italia.
E infatti Maria Plozner Mentil, il 15 febbraio 1916 fu uccisa da un cecchino austriaco nel momento in cui si era concessa una sosta durante il suo percorso abituale. Aveva solo 32 anni. La figlia più grande, Dorina, sebbene giovanissima, prese il suo posto tra le portatrici e continuò l’attività della madre.
Attività che però, per troppo tempo dopo la guerra non venne riconosciuta, dato che alle portatrici non fu mai concessa la pensione di guerra. Eppure, all’Ossario di Timau, dove è stata sepolta Maria, unica donna tra tanti alpini e bersaglieri, c’è una scritta che dovrebbe farci tutti riflettere:
«Ricordati che quelli che qui riposano si sono sacrificati anche per te».
La Storia ufficiale non ha riconosciuto adeguatamente il ruolo di queste donne straordinarie. Proprio per questo oggi non possiamo non leggere Fiore di Roccia, di Ilaria Tuti (Longanesi 2020), che ha reso giustizia alle portatrici carniche raccontando la loro storia, in un romanzo affilato come le guglie delle montagne che fanno da sfondo alla vicenda, ma allo stesso tempo vibrante e catartico. Un romanzo dove la speranza della libertà si fonde e sovrappone alla libertà della speranza.
 La farfalla della gentilezza
https://www.facebook.com/lafarfalladellagentilezza/posts/548280769849630(Pubblicato il 19 agosto 2021)