Harriet che voleva essere libera

Harriet Tubman. La donna che ebbe tre nomi

Quando Araminta Ross aveva sei anni fu separata dalla sua famiglia. I suoi genitori erano schiavi, non poterono far nulla per impedire che la piccola venisse venduta. A sei anni dovette fare da tata a un neonato. Se lui piangeva, lei veniva frustata. Questa era la vita nel Maryland, due secoli fa.

Quando Araminta aveva 13 anni, fu colpita in testa da un padrone che voleva fermare la fuga di uno schiavo. Le ordinò di trattenerlo, lei si rifiutò e lui le lanciò un oggetto di metallo in testa. Miracolosamente Araminta si salvò.

Quando Araminta Ross aveva una ventina d’anni si sposò con John Tubman e divenne Harriet Tubman.

Davanti alla prospettiva di essere venduta nuovamente Harriet decise di scappare, anche se era molto pericoloso. Ma c’erano solo due cose a cui aveva diritto: la libertà o la morte, se non poteva avere l’una, avrebbe avuto l’altra. Nessun passo indietro, solo tanto coraggio e determinazione per andare avanti.

Harriet riuscì a scappare, arrivò in Pennsylvania, finalmente libera. Ma non dimenticò mai il suo passato di sofferenza e nonostante la taglia sulla sua testa, Harriet per anni fece avanti e indietro con il Maryland per liberare i fratelli, i nipoti, e tanti altri schiavi: viaggiava di notte, orientandosi con la stella polare per guidare piccoli gruppi silenziosi in fuga dalla schiavitù verso altri stati americani abolizionisti, o in Canada. In quegli anni Harriet divenne Mosè, il suo nome in codice per questa attività estremamente rischiosa, in cui però era bravissima: in tanti anni di fughe notturne, non perse mai un “passeggero”.

Quando scoppiò la Guerra di Secessione, Harriet capì che una vittoria dell’Unione avrebbe potuto facilitare l’abolizione della schiavitù. Allora si mise di nuovo in gioco in prima persona: lavorò per i Nordisti come spia, esploratrice, infermiera e infine guidò una spedizione armata nella Carolina del Sud liberando circa 700 schiavi.

Non smise mai di lottare: nonostante le difficoltà economiche, nonostante le offese subite anche dopo l’abolizione della schiavitù nel 1863, nonostante il razzismo sperimentato sulla sua pelle (le ruppero un braccio per farle cambiare scompartimento su un treno), Amarinta-Harriet-Mosè non smise mai di lottare per i più deboli. Si occupò di anziani in difficoltà, di orfani, e poi sposò la causa del voto alle donne. Non si arrese mai, sempre un passo avanti, mai indietro, fino alla morte nel 1913.

Un passo indietro però in questa storia c’è, ma non è di Harriet, l’ha fatto Trump: l’amministrazione Obama avrebbe voluto rendere omaggio a questa grande donna stampando entro il 2020 il suo volto sulle banconote da 20 dollari per celebrare i 100 anni del diciannovesimo emendamento della Costituzione americana, quello con cui è stato riconosciuto il diritto di voto alle donne.

Sarebbe stata la prima donna a essere raffigurata su una banconota, ma all’attuale inquilino della Casa Bianca questa idea non è piaciuta, e quindi Amarinta-Harriet- Mosè dovrà aspettare ancora un po’, in attesa che qualcun altro faccia un passo avanti.