Susan che voleva votare

 

“In quel momento lei era donna, e suppongo che non ci siano dubbi in merito. Lei non aveva il diritto di voto. È colpevole di aver violato la legge”.
Eh sì. C’è stato un tempo in cui essere donna era condizione sufficiente per provare la colpevolezza di una persona, e no, non stiamo parlando del medioevo, ma del 18 giugno 1873, a New York.
Chi era la donna colpevole di essere donna? E cosa era successo?
Andiamo con ordine.
Susan Brownell Anthony era un’attivista per i diritti civili, una suffragetta, una scrittrice. Intensa sostenitrice dei diritti degli afroamericani, si era unita al movimento anti-schiavista. Nel 1868 aveva fondato e diretto un giornale dal titolo che era tutto un programma: “The Revolution”, ma quello che era ancora più interessante era il sottotitolo: La vera Repubblica, gli uomini, i loro diritti e niente di più; le donne i loro diritti e niente di meno”.
Però alle donne continuava sempre a essere concesso qualcosa in meno rispetto agli uomini… Ad esempio Susan faceva parte dell’Associazione per uguali diritti, e si batteva per il diritto di voto degli afroamericani, ma come risultato di queste battaglie fu l’approvazione del Quindicesimo Emendamento della Costituzione che riconosceva il diritto solo agli afromericani maschi e non alle donne. Sempre un passo indietro.
Allora Susan Anthony fondò la National Women Suffrage Association, e si concentrò sui diritti delle donne. Organizza comizi, manifestazioni, proteste. E un bel giorno, è il novembre 1872 e ci sono le elezioni presidenziali, decide di recarsi lo stesso ai seggi per esprimere la sua preferenza elettorale. Non va da sola, sono un bel gruppo di donne coraggiose e combattive. Alcune vengono immediatamente cacciate via, una quindicina però riescono a votare.
Votano.
E poi vengono arrestate, tutte e 15, colpevoli di aver violato la legge che negava il voto alle donne.
E così arriviamo al processo del 1873.
Quando il giudice ricordò a Susan Anthony che lei era colpevole di aver votato in quanto donna, Susan rispose con dignità e compostezza: “No signore, ho votato come cittadino degli Stati Uniti”.
Eppure il giudice non volle sentir ragioni e condannò l’imputata a una multa di 100 dollari più le spese processuali.
Ma anche qui la caparbia Susan Anthony non arretrò sulle sue posizioni rifiutandosi di pagare “anche solo un dollaro” per una condanna ingiusta.
E non pagò.
Continuò per anni le sue battaglie di civiltà e morì nel 1906 all’età di 86 anni, senza avere la soddisfazione di veder approvato, nel 1920, il Diciannovesimo emendamento, che finalmente riconosceva anche alle donne il sacrosanto diritto di voto negli Stati Uniti.
Da noi siamo arrivati ventisei anni dopo, ma questa è un’altra storia.
In ogni caso, se nel nostro mondo oggi possiamo dare per scontate tante cose, lo possiamo fare solo grazie a chi, prima di noi, si è battuto per noi. Come Susan Brownell Anthony.