Mary Church Terrell ha un appuntamento per pranzo. Si incontra con tre suoi amici davanti al Ristorante Thompson sulla settima strada, a Washington. Non sono un quartetto qualunque: Mary Terrell è una professoressa di fama, nonché attivista politica e celebre giornalista. Insieme a lei ci sono il reverendo William Jernigan, Geneva Brown e David Scull, tutti attivisti per i diritti civili.
Si siedono e cominciano a scegliere l’antipasto.
Ma arriva un solerte dipendente del ristorante che candidamente dice:
“In questo ristorante non serviamo persone di colore”.
Effettivamente ben tre persone su quattro a quel tavolo non sono bianche come vorrebbe il ristorante.
Non abbiamo specificato, però, che siamo nel gennaio del 1950 e che Mary Terrell all’epoca ha 86 anni.
Non abbiamo nemmeno specificato che Mary Terrell è una delle prime afro-americane a ottenere la laurea, la prima a diventare Provveditore agli studi del distretto della Columbia, e soprattutto scrittrice, giornalista e suffragista. E anche co-fondatrice della Lega delle donne di colore di Washington, e poi dell’Associazione Nazionale delle donne di colore, di cui Terrell fu per ben due volte presidente.
Diciamo quindi che Mary Terrell non si trova lì per caso, solo per mangiare, perché sa benissimo che non sarà servita, ma proprio per questo vuole fare qualcosa per porre fine a questa odiosa discriminazione.
Quindi Mary Church Terrell e i suoi amici lasciano il ristorante dove non sono ben accetti, e vanno direttamente a denunciare quella che secondo loro è la violazione di una normativa del 1870, una legge “perduta”. Questa normativa vietava espressamente quei comportamenti discriminatori comuni all’epoca della segregazione razziale, come ad esempio rifiutare di servire a ristorante una persona di colore, e che secondo Mary Terrell doveva essere considerata ancora in vigore.
Fu una causa lunga e impegnativa, e il caso District of Columbia vs. John R. Thompson Co arrivò fino alla Corte Suprema.
E finalmente l’8 giugno 1953 arrivò la sentenza che Mary Terrell aspettava: i ristoranti dovevano essere aperti a tutti, indipendentemente dal colore della pelle.
Mary aveva 89 anni all’epoca, e con la forza che la contraddistingueva dichiarò:
“Continueremo con i nostri sforzi fino a quando questo principio sarà accettato in modo giusto e democratico, e nessun ristorante si permetterà di violarlo.”
E infatti rimase ancora attivissima nel suo impegno contro le discriminazioni razziali, continuando a lottare, partecipando a picchetti, proteste e manifestazioni per i diritti civili fino alla sua morte, avvenuta un anno dopo, nel 1954.
Ma oggi celebriamo l’anniversario di una sentenza che ha fatto storia, che ha affermato un principio tanto ovvio e giusto, quanto ancora purtroppo messo in discussione, talvolta, dall’ignoranza delle persone: siamo tutti uguali.
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