Le trecce di licia

A Licia piacciono le trecce. Tutti i giorni, prima di andare a scuola, divide i suoi lunghi capelli biondi in due trecce e le ferma con due nastrini colorati. Un giorno viola, un giorno blu, un giorno rosa. A lei piace così.
Ma ai suoi compagni di classe le trecce di Licia non piacciono molto. È una cosa da bambine, ma loro ora sono grandi, perché Licia si fa le trecce? Non sarà che vuole farsi notare? Non sarà che queste trecce curate vogliono provocare il normale ordine costituito? Non sarà che Licia sta esagerando?
E così iniziano le prese in giro, all’inizio bonarie, poi sempre più pesanti.
Licia ci resta male, ma non dice nulla. Poi le prese in giro si trasformano in insulti.
Licia soffre, pensa pure che forse dovrebbe sciogliersi le trecce, in fondo è colpa sua, ma perché deve cambiare per compiacere gli altri?
Poi gli insulti diventano spintoni. Un giorno una compagna di classe le tira il diario addosso. Le colpisce il labbro, che sanguina. Ma nessuno la difende
Licia è sempre più sola. E triste.
Le prese in giro continuano incessanti. Anche qualche professoressa si unisce al coro:
“Ma scioglitele ste trecce, dai…”
Licia però non vuole, non può.
Un giorno, dopo l’ennesimo spintone, Licia cade, sbatte la testa sul banco e perde conoscenza per qualche interminabile secondo. Poteva essere una tragedia, ma per fortuna rimane solo un grave “incidente”.
Dopo questo “incidente” la professoressa Rossi decide finalmente di intervenire. E annuncia alla classe che d’ora in poi chi prende in giro Licia per le sue trecce si prende una bella nota sul registro.
Lo viene a sapere la professoressa Neri:
- Orrore, ma sei impazzita. Questa è discriminazione verso chi non ha le trecce. E poi Licia potrebbe pure smetterla di provocare la classe. Questa ostentazione delle trecce poi è rivoltante.
Lo vengono a sapere i genitori degli altri studenti:
- Orrore. La professoressa Rossi vuole che tutti i nostri figli portino le trecce.
- Io sono no trecc, la prof. Rossi si deve dimettere, anzi, va licenziata!
- Cominciamo così, poi insegneremo ai bambini dell’asilo a farsi le trecce.
- Per colpa di Licia e della Rossi, ci sarà un’epidemia di trecce
- Io non ho niente contro le trecce, la figlia del cognato di mia cugina porta le trecce ed è tanto una brava ragazza, io la saluto pure quando la incontro, ma qui si sta esagerando.
- E la libertà di parola? Io ho il diritto di dire che le trecce mi fanno schifo.
- Se ora tuteliamo le trecce, il prossimo passo quale sarà? I codini?
E così la preside convoca tutti i docenti per decidere se approvare o no il provvedimento della professoressa Rossi: note per chi prende in giro Licia per le trecce. La professoressa Rossi, che ha preso a cuore il caso, è tranquilla, perché parlando con i colleghi sa che la pensano come lei. Sembrano tutti d’accordo: Licia va tutelata perché purtroppo è ormai vittima di un odio viscerale e distruttivo, non si può andare avanti così.
E poi, soprattutto, proteggere Licia, cosa può mai togliere agli altri?
Però la professoressa Rossi si sbaglia. Perché al collegio docenti la preside accoglie la richiesta della professoressa Neri, che vuole il voto segreto. E i docenti segretamente votano contro la professoressa Rossi e il suo provvedimento.
Forse perché hanno confuso i diritti con i cioccolatini.
Ma i diritti non sono cioccolatini: non finiscono se ne offriamo un po’ anche agli altri.
 La farfalla della gentilezza 
(In foto: Girl Eating Chocolate, di Thor Mathuschka, Berkeley 2014)
https://www.facebook.com/lafarfalladellagentilezza/posts/594940735183633