I disegni di Ahmed

 Immagina di vivere nella periferia di una grande città, i tuoi genitori sono di un altro paese, un’altra cultura, un’altra religione. E sono venuti qui, in Italia, per dare un futuro, a te e ai tuoi fratelli, una possibilità che a casa non avresti.
Ma casa per te è solo questa. Un appartamento di 36 metri nella periferia milanese dove ve ne state ammassati “come lattine di Coca-Cola in una confezione da sei”, e fuori c’è lo spaccio, il degrado, un mondo arrabbiato e cattivo.
Tu non vuoi problemi, perché avete giurato, tu e tuo fratello di non cacciarvi nei guai, di non bere, di non farvi le canne, di dare un buon esempio. Studi, vai a scuola, e coltivi un sogno grandissimo.
I guai però ti inseguono lo stesso, solo perché dalla tua casa al di là del Mediterraneo hai ereditato dei capelli ricci e scuri e un colorito poco milanese. Quindi sei automaticamente un ragazzo “sospetto”. E subisci l’umiliazione di richieste di documenti e perquisizioni senza senso, da parte di poliziotti che ti tengono d’occhio perché sei un immigrato. Ma nelle tue tasche trovano solo matite, fogli e sogni.
E poi tu non sei un immigrato, sei nato qui. Sei figlio di immigrati. Sei un ragazzo di seconda generazione che ha solo bisogno di qualcuno che creda in lui.
Sei mortificato e ferito, ma continui a coltivare il tuo sogno grandissimo, anche se non hai i soldi per concimarlo, per farlo sbocciare come meriterebbe.
Però hai un talento fuori dal comune e serve solo un angelo che se ne accorga e ti dia la possibilità che la vita finora ti ha negato. E poi questo angelo, sorprendentemente, arriva.
Sembra una favola ma non lo è.
È una storia vera quella di Ahmed Malis, una storia che Nicoletta Bortolotti racconta nel libro “Disegnavo pappagalli verdi alla fermata del metrò”, un libro che riesce a farci immedesimare nel mondo di un ragazzo di 19 anni che ha “la fame di chi non ha avuto niente” e desidera solo disegnare. Lo desidera da quando era piccolo, e da autodidatta si è impadronito di uno straordinario stile iperrealistico. Ma è figlio di immigrati egiziani, e disegnare è un lusso. Perché anche le matite da disegno costano.
Eppure basta trovare qualcuno che creda in lui, nel suo talento, nella sua determinazione e tutto va come deve andare. Come nelle favole.
La storia di Ahmed Malis è bellissima ed esemplare, ma è al tempo stesso molto amara: quanti altri ragazzi delle periferie, senza mezzi, senza possibilità e senza l’incontro con un angelo silenzioso sono costretti a rinunciare ai loro sogni e accantonare il loro talento, travolti da una vita dura fin dall’inizio, quando dovrebbe essere ancora lecito pensare di poter fare tutto?
Però forse leggere la sua storia può essere di incitamento e speranza per tutti gli Ahmed Malis che ogni giorno incrociamo sulle nostre strade, ma che preferiamo non vedere, perché ai nostri occhi appaiono semplicemente come “persone di una classe inferiore”, come urla a un certo punto Ahmed nel libro, consapevole delle ingiustizie di questo nostro mondo.
Ma soprattutto la dovrebbero leggere tutti quelli che giudicano le persone da come si vestono, dal colore della pelle, dalla musica che ascoltano senza riuscire a guardare oltre, e soprattutto dentro le persone.