Yusra Mardini, nuotatrice coraggiosa

Yusra Mardini aveva una vita normale: la scuola, una famiglia affettuosa, gli amici, gli allenamenti in piscina.
Nuotava a livello agonistico, era molto brava, d’altronde il nuoto era una passione di famiglia, anche sua sorella maggiore Sara aveva gareggiato per molto tempo, e suo padre Ezzat era istruttore di nuoto, il suo istruttore e allenatore.
Però questa vita normale si svolgeva in un paese che di normale ormai ha ben poco: la Siria, dilaniata da una guerra che da più di dieci anni toglie futuro e speranza a tutti i suoi abitanti.
Così dopo aver vissuto la paura delle bombe, delle granate, degli scontri a fuoco, dopo che una bomba buca il tetto della piscina dove Yusra si stava allenando, le due sorelle maggiori prendono una decisione terribile, ma comprensibile: se vogliono vivere serenamente devono lasciare casa loro e provare ad arrivare in Europa. Dove non ti cadono le bombe in piscina mentre ti alleni.
Non è un viaggio che fai comprando un biglietto aereo su internet. È un viaggio che si tenta, senza alcuna certezza di arrivare, scegliendo se rischiare via mare o via terra.
Le due sorelle scelgono il mare.
Nell’agosto del 2015 riescono a procurarsi il passaggio in gommone che dalla Turchia avrebbe dovuto portarli in Grecia, all’isola di Lesbo.
Partono di notte, si stringono insieme ad altre venti persone circa su un gommone fatiscente. Ma sono troppi, il motore è fuori uso, il gommone non regge al peso di tutte quelle persone e inizia a imbarcare acqua.
Una storia già letta troppe volte, di tragedie che capitano in un mare assassino che inghiotte i sogni e le speranze di troppe persone, giovani, anziani, bambini. Anche se in realtà non è tanto il mare a essere assassino, quanto invece l’indifferenza che circonda questi drammi che capitano a pochi chilometri da casa nostra.
Ma questa storia per fortuna non finisce male, perché su quel gommone ci sono Yusra e Sara, le due sorelle nuotatrici. Le uniche che sanno nuotare, le uniche che possono cambiare il destino di quella notte terribile.
E così Yusra e Sara, giovani e coraggiose, saltano in acqua, in modo da togliere peso, e iniziano a spingere il gommone, di notte, per più di tre ore.
Fino a quando il motore riparte, e alla fine raggiungono la costa, l’Europa, così vicina, ma così lontana.
Questo gommone non affonda, perché Yusra e Sara non permettono che affondi, perché tutte le venti persone ormai erano diventate la loro famiglia, uomini, donne, bambini, persino un neonato.
Yusra e Sara alla fine riescono ad arrivare in Germania, dove Yusra riprende a nuotare, fino ad arrivare alle Olimpiadi di Rio del 2016, nella squadra dei rifugiati.
Sua sorella Sara invece è tornata a Lesbo, come volontaria per aiutare i profughi che arrivano stremati sull’isola.
Yusra vive a Berlino, i suoi genitori e la sua sorellina più piccola l’hanno raggiunta, e lei continua ad allenarsi nello stile libero e a farfalla.
Ma soprattutto insegna a nuotare ai bambini figli di rifugiati, che hanno vissuto sulla loro pelle quello che Yusra conosce fin troppo bene.
Questa terribile esperienza però le ha dato l’opportunità di essere ascoltata, perché la sua storia è circolata, e Yusra Mardini è diventata la voce di tante persone che non hanno avuto la sua fortuna. Ha incontrato Papa Francesco, Barack Obama, ha parlato all’ONU, chiedendo ai grandi della terra, ma anche a sé stessa:
“Quand’è che la nostra vita ha incominciato a valere così poco? Fino a rischiare tutto, pagando una fortuna per salire su un gommone sovraffollato e affrontare il rischio in mare aperto? È davvero l’unica via di uscita, questa? L’unico modo per sfuggire alle bombe di casa nostra?”

 La farfalla della gentilezza

(Yusra Mardini ha raccontato la sua storia nel libro “Butterfly”, Giunti, 2018, da dove è tratta la citazione finale).