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La rivolta del Politecnico

2021-11-17 20:00

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La rivolta del Politecnico

Pane, istruzione e libertà. Questo chiedevano gli studenti che si erano barricati nel Politecnico, ad Atene, per protestare contro la dittatura fascista dei Co

Pane, istruzione e libertà.



Questo chiedevano gli studenti che si erano barricati nel Politecnico, ad Atene, per protestare contro la dittatura fascista dei Colonnelli.



Era il 1973, e il regime aveva, tra le altre cose, proibito ogni forma di associazione studentesca, e anche le elezioni dei consigli universitari.



Il 14 novembre, gli studenti in agitazione, occuparono il Politecnico, organizzarono una serie di assemblee e dibattiti, e riuscirono anche a improvvisare una stazione radio per trasmettere in tutta la città il loro messaggio: “Qui il Politecnico! Popolo greco, il Politecnico è la bandiera della vostra sofferenza e della nostra sofferenza contro la dittatura e per la democrazia”.



La giunta militare pur di non sentire questa voce ribelle, arrivò a sospendere l’energia elettrica in tutta Atene, ma questa ennesima prepotenza servì solo ad aumentare la rabbia della gente, che si unì alla protesta degli studenti, affluendo in massa nelle vicinanze del Politecnico. Ci furono manifestazioni, scontri, incendi.



Gli studenti riuscirono a resistere per tre giorni, ma il regime non rimase a guardare: un’occupazione del genere rappresentava uno schiaffo al potere. Nella notte del 17 novembre, un carro armato sfondò l’ingresso del Politecnico: mentre gli studenti cantavano l’inno nazionale greco, i soldati sparavano. A sangue freddo, vere e proprie esecuzioni.



I soldati uccisero ventiquattro persone, tra cui un bambino di cinque anni, studenti liceali e universitari, e centinaia furono i feriti.



Ma nonostante il sangue versato, nonostante le vittime innocenti della brutalità di un potere cieco e assassino, l’occupazione del Politecnico rappresentò l’inizio della resistenza, l’inizio della fine per la dittatura.



Una dittatura che come denunciava il regista Costa Gavras nel film “Z-L’orgia del potere”, esplicito atto d’accusa contro il regime dei colonnelli, proibiva: “i capelli lunghi, le minigonne, Sofocle, Tolstoj, Mark Twain, Euripide, spezzare i bicchieri alla russa, Aragon, Trotskij, scioperare, la libertà sindacale, Lurcat, Eschilo, Aristofane, Ionesco, Sartre, i Beatles, Albee, Pinter, dire che Socrate era omosessuale, l’ordine degli avvocati, imparare il russo, imparare il bulgaro, la libertà di stampa, l’enciclopedia internazionale, la sociologia, Beckett, Dostojevskij, Cechov, Gorki e tutti i russi, il “chi è?”, la musica moderna, la musica popolare, la matematica moderna, i movimenti della pace, e la lettera “Ζ” che vuol dire “è vivo” in greco antico».



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