La prima donna Ministro

E se fosse stata eletta alla Presidenza della Repubblica?
Sarebbe stata la prima, avrebbe superato questo tabù, e magari oggi ci sembrerebbe una cosa normale.
Ma sappiamo bene che all’epoca questo non era un paese per donne. E forse non lo è ancora, purtroppo.
Eppure, Tina Anselmi, che fu la prima ministra in Italia, qualche muro riuscì a sfondarlo.
Era una donna che non aveva paura di parlare. Era una donna che difficilmente sarebbe rimasta in un angolo a guardare mentre altri decidevano non solo per lei, ma per tutto il paese.
Forse perché fin da giovanissima si era battuta per il diritto di voto alle donne.
Forse perché giovanissima era entrata nella Resistenza. Una scelta inevitabile, maturata dopo la strage di Bassano del Grappa, quando il 26 settembre del 1944 i nazi-fascisti non solo impiccarono trentuno prigionieri per rappresaglia, ma costrinsero gli studenti delle scuole, tra cui la giovane Tina, ad assistere al macabro spettacolo. Lei aveva diciassette anni e non dimenticò mai quella violenza brutale. Prese il nome di battaglia di Gabriella e divenne staffetta partigiana.
Finita la guerra tornò agli studi e si laureò in lettere. Per qualche anno lavorò come maestra di scuola elementare, ma l’impegno politico e sindacale fu presto preponderante. Iscritta alla Democrazia Cristiana, fu molto attiva nelle attività sindacali, prima con la CGIL, poi con la CISL.
Nel 1968 entrò in Parlamento come deputata, e nel 1976 fu nominata Ministro del Lavoro e della Previdenza sociale. Era la prima volta in Italia che una donna veniva chiamata a ricoprire la carica di ministro. Se al Ministero del lavoro continuò ad occuparsi dei diritti delle donne, promuovendo la legge sulle pari opportunità, quando nel 1978 passò al Ministero della Sanità dimostrò tutta la sua laicità e il suo profondo senso dello Stato. Perché oltre a istituire il Servizio Sanitario Nazionale, lei, profondamente credente, firmò la legge 194 sull’interruzione volontaria di gravidanza.
Nel 1981 fu presidente della commissione parlamentare di inchiesta sulla P2, e chissà che non fu questo suo incarico a costarle poi il Quirinale. Perché quando si fece il suo nome come possibile Presidente della Repubblica, nel 1992 prima e nel 2006 poi, in aula i voti non bastarono.
Ma si sa che questo non era un paese per donne.
E oggi?
Oggi sarebbe bello, sarebbe giusto, sarebbe doveroso. E anche necessario, perché per dirla con le parole di Tina Anselmi: “Una donna che riesce, riesce per tutte le altre”.
La farfalla della gentilezza
(Per Tina Anselmi era importante raccontare soprattutto ai più giovani cosa erano stati gli anni del fascismo, e per questo ha raccontato la sua Resistenza nel libro per ragazzi: La Gabriella in bicicletta, Manni, 2019)
#unaDonnaAlQuirinale