Murales per sperare: Abu Malek al-Shami, Il Banksy siriano

Vai al liceo, hai 17 anni. Fai una vita normale, studi, giochi a calcio, esci con gli amici, pensi alle ragazze, immagini cosa farai da grande. Il mondo è tuo.
Però è il 2011 e vivi a Damasco: a seguito dell’arresto di diversi studenti della tua età, prendi parte alle manifestazioni pacifiche contro il governo, per chiedere la loro liberazione.
Poi tutto precipita. E non c’è più scuola, non c’è più nulla. Perché in queste manifestazioni comincia a spargersi il sangue dei manifestanti, la repressione delle proteste diventa sempre più violenta, e alla fine si arriva alla guerra, orrenda, che ancora oggi sta distruggendo il tuo paese. E tu giovane e pieno di speranze, capisci che non puoi restare a guardare; ti trasferisci a Darayya, cittadina non lontano da Damasco, che però verrà poi brutalmente bombardata.

Anche se lì è tutto grigio e cupo tu cerchi comunque la vita: ti porti dietro colori e vernici e cominci a dipingere sulle macerie in quelle strade dilaniate dalla violenza, dalla guerra, dalla ferocia. Poi finisci i colori e devi arrangiarti con quello che trovi, ma continui, perché capisci che alla gente i tuoi graffiti piacciono, danno speranza. E ti incoraggiano ad andare avanti.
Ti fai chiamare Abu Malek al-Shami, ma per tutti ormai sei diventato il Banksy siriano.
Nel 2016 lasci una Darayya sempre più distrutta per andare a Idlib.
Ma a Darayya restano i tuoi 32 graffiti, lasciati sulle macerie della città, e le loro fotografie che hai lanciato nel web come un messaggio di pace e speranza in una moderna bottiglia che naviga nel mare aperto dell’indifferenza…
Eppure oggi, nel 2021, in Siria non è ancora cambiato nulla.
Restano però i tuoi disegni, e la speranza di un domani migliore…
La farfalla della gentilezza
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