Nel giro di poco tempo tutto cambiò per Renzo e Nella. Capirono che non avevano molte possibilità di salvarsi, se non prendendo decisioni difficili. Rinunciare ai loro nomi, fuggire, nascondersi. Ma nascondersi era sempre più difficile per una coppia di giovani ebrei nell’Italia del 1943, all’indomani del Manifesto di Verona che qualificava tutti gli ebrei come stranieri e nemici.
Così, dopo gli orrori delle leggi razziali, Renzo e Nella vengono considerati addirittura “nemici della patria”, destinati alla deportazione e alla morte. Non hanno scelta. Devono nascondersi.
Clandestini e con documenti falsi, cercano rifugio nel terrore costante di un passo falso, di una delazione, ma anche con il dolore di dipendere dalla generosità altrui, sapendo di mettere a repentaglio chiunque li avesse aiutati.
Ma alla fine riescono a trovare un rifugio sicuro: a Villa Turina Amione, clinica psichiatrica a S. Maurizio Canavese, in Piemonte, dove vengono accolti da un direttore coraggioso e gentile, il prof. Carlo Angela, che non ha paura di compiere questo necessario atto di resistenza.
Il medico, infatti, neuropsichiatra e antifascista convinto, falsifica la cartella clinica di Renzo, dichiarando gravi patologie mentali. Renzo dal canto suo, per evitare di attirare l’attenzione di eventuali delatori, simula i sintomi della pazzia, mentre la moglie Nella lo accudisce amorevolmente.
Il direttore della clinica sarà sospettato dalla polizia fascista, sarà interrogato, e rischierà la fucilazione, ma ciononostante continuerà a proteggere Renzo e Nella fino alla liberazione.
In realtà non proteggerà solo loro, ma tanti altri antifascisti, partigiani, ebrei. Ad esempio, l’avvocato Massimo Ottolenghi, denunciato ai tedeschi come esponente della resistenza, prima di scappare portò alla clinica la moglie incinta e la figlia di due anni. Il direttore le nascose nel reparto delle donne pazze. E così si salvarono, nonostante le ispezioni della polizia che per fortuna non riuscì mai a identificare i numerosi ospiti “speciali” della clinica: i tanti ebrei trasformati in ariani, i molti sani trasformati in pazzi.
Dopo la liberazione, il coraggioso medico diventerà sindaco di S. Maurizio Canavese, ma il suo straordinario eroismo e altruismo per molti anni non verrà divulgato, vista la riservatezza che contraddistingue lui e la sua famiglia.
Ma nel 1995 Anna Segre, la figlia di Renzo e Nella, pubblica “Venti mesi”, il diario del padre. Nel diario traspare l’angoscia di Renzo in quei venti mesi in cui rimase nascosto nella clinica, ma emerge soprattutto chiaramente il ruolo fondamentale del medico coraggioso e antifascista, Carlo Angela.
E così, dopo aver trovato prove, documenti e testimonianze, nel 2001 al professor Carlo Angela, viene conferito (postumo) il titolo di Giusto tra le Nazioni, cioè il riconoscimento che viene dato ai non ebrei che hanno agito eroicamente, disinteressatamente e a rischio della propria vita, per salvare gli ebrei dalla follia nazista.
Carlo Angela è morto nel 1949, ma noi conosciamo bene oggi il figlio Piero e il nipote Alberto…
La farfalla della gentilezza
(Per chi vuole approfondire, su Raiplay è disponibile il documentario di Danilo Spaccapeli. Carlo Angela, un medico stratega,2017).https://www.facebook.com/lafarfalladellagentilezza/posts/261848421826201
(Pubblicato il 10 giugno 2020)