Minerva, Patria e Maria Teresa Mirabal erano tre sorelle coraggiose. Il loro nome in codice era “Las Mariposas”: le farfalle. E come le farfalle, indipendenti, delicate, gentili e libere, hanno vissuto una stagione troppo breve, ma la loro storia è rimasta per sempre.
Le “Farfalle”, giovani madri e mogli, non esitarono a sfidare il regime di Trujillo, il sanguinario dittatore della Repubblica Dominicana: colui che, preso il potere con un colpo di Stato nel 1930, eliminò senza scrupoli ogni oppositore politico, violentò ragazzine sempre più giovani, torturò chi si trovava sulla sua strada; il crudele nazionalista, xenofobo e razzista che nel 1937 attuò una spietata pulizia etnica, uccidendo quasi tutta la popolazione di origine haitiana. Nate in una famiglia benestante di Santo Domingo, le sorelle Mirabal erano diversissime tra loro.
Minerva era brillante, colta, impegnata e combattiva. Voleva diventare avvocato, ma quando finalmente nel 1957 riuscì a laurearsi in legge, nonostante l’opposizione della famiglia che temeva sarebbe finita nei guai, il regime le negò l’abilitazione alla professione.
Patria non aveva studiato: sposata giovanissima, aveva 3 figli, era molto religiosa e si sentiva realizzata nella sua vita familiare.
Maria Teresa era la più giovane, seguì Minerva all’università e soprattutto nella militanza politica. Minerva insieme ad altri militanti fondò il “Movimento 14 giugno”, un’organizzazione segreta che cercava di opporsi alla brutalità del regime. Preparavano la rivoluzione.
Maria Teresa prima, e Patria poi, si unirono al movimento, perché non volevano che i loro figli crescessero sotto una dittatura corrotta e tirannica.
Così queste ragazze di buona famiglia cominciarono a nascondere casse di armi tra la biancheria e i corredi, con la complicità dei loro mariti. Sapevano bene a cosa andavano incontro, avendo già sperimentato sulla loro pelle la spietatezza del regime: il padre era stato imprigionato, i loro beni confiscati, loro stesse sorvegliate e spiate. I rispettivi mariti incarcerati e torturati. E, infine, anche Maria Teresa e Minerva finirono in prigione per lunghi mesi di sofferenza e dolore, lontane dai loro figli.
Furono liberate. Per un attimo sembrò che l’incubo fosse finito, ma era solo una trappola del feroce dittatore che voleva risolvere una volta per tutte la questione delle sorelle Mirabal: le Farfalle erano ormai diventate un pericoloso simbolo della ribellione.
Il 25 novembre del 1960, infatti, le tre sorelle furono vittime di un agguato mentre tornavano da una visita in carcere ai loro mariti. Furono bloccate dal SIM (Servicio de Inteligencia Militar), la polizia segreta del dittatore e costrette a scendere dalla macchina. Gli agenti le trascinarono in una piantagione di canna da zucchero, dove furono massacrate a colpi di bastone e poi strangolate, insieme al loro autista, Rufino de la Cruz.
Gli assassini inscenarono un incidente d’auto, pensando di evitare così le reazioni del popolo, della Chiesa, che ormai si era schierata contro Trujillo, e della comunità internazionale.
Ma era troppo tardi. La commozione e lo sdegno per la morte delle Farfalle dilagò in tutto il paese, e come una miccia, infiammò gli animi di un popolo che per trenta lunghi anni aveva subito la dittatura. Ci furono proteste e manifestazioni che culminarono con l’assassinio di Trujillo nel 1961. Il sacrificio delle farfalle non era stato vano. E soprattutto rimase Dedé, la quarta sorella Mirabal, all’epoca non attiva in politica. Sopravvissuta perché potesse raccontare la loro storia, Dedé ha dedicato la sua vita non solo ai sei figli delle sue sorelle, ormai orfani, ma soprattutto a custodire la loro memoria e il loro ricordo per le nuove generazioni.
Perché le farfalle oggi volano libere nel loro
giardino.